18 dicembre 2007

La mosca (clicca il video di popolodiquona Radio-TV)

No, non è un film, anche se il titolo ricorda un’opera cinematografica che ha fatto epoca. Vi ricorderete del giovane scienziato che tenta esperimenti di trasporto della materia. Usa sé stesso per i primi test, ma l'intervento accidentale di una mosca nella “cabina smaterializzante” lo rende vittima della sua invenzione: un bel film con una commovente storia d’amore!
La nostra mosca è invece quel piccolo “insetto” che ha imperversato nei mesi estivi fra gli oliveti di Quona - e non solo - un misero animaletto di otto millimetri con due ali che ha fatto danni come una calamità . Le giovani larve, che si sviluppano dopo il deposito dell’uovo, si cibano della polpa dei frutti proprio nella prima fase del loro crescita e pensate che ogni femmina può deporre 200-300 uova, e di regola ne lascia una per ogni oliva.
Passeggiando per i campi si assiste a uno spettacolo insolito: intorno al tronco e alla chioma giacciono per terra le olive colpite dalla infestazione della larva e sono tante di più di quelle che resistono attaccate ai rami.
Solo pochi sapienti hanno notato per tempo la presenza dell’insetto e si sono premuniti con i provvedimenti del caso: trappole biologiche, passaggi di ramato e lotta chimica che hanno permesso di limitare i danni e preservare una certa quantità di produzione, anche se la qualità della spremitura non è ai livelli tradizionali degli anni passati.
Girovagando fra i raccoglitori ho potuto raccogliere delle informazioni interessanti e curiose!
Come mai la mosca, che non aveva mai colpito a memoria d’uomo questo spicchio di territorio si è presentata silenziosa e insinuosa depositando uova a man bassa? Credo che vadano i fatte prima alcune considerazioni!
L’insetto colpisce con temperature intorno ai 30 gradi, un caldo superiore riduce la fecondità delle femmine anche dell’80% - una decimazione naturale. Le olive devono presentarsi pronte al deposito dell’uovo e la femmina testa il grado di “accoglienza” del frutto saggiandone la dimensione, il colore, la morbidezza e l’odore compiendo anche delle punture sterili - una specie di carotaggio. Se tutto va bene eccola lasciare l’uovo che si svilupperà in vari stadi di larva con i danni conseguenti.
Secondo Mauro, attivo testimone di innumerevoli raccolte e spremute di olive, il deposito delle uova è stato possibile poiché la stagione ha subito un’anticipazione per quanto riguarda le temperature e la mosca ha trovato pronti i frutti, fatto che prima non accadeva; probabilmente il cambiamento climatico, che pressapoco tutti percepiamo con il detto “le stagioni non sono più quelle di una volta”, interessa anche il piccolo ambiente in cui viviamo e influenza tutti i coltivi, compresi gli orti.
Lo stesso Dante che pur essendo pugliese adotta il metodo di raccolta di queste parti – cogliere i frutti sull’albero anziché aspettare la loro naturale caduta - conferma che la mosca non si era mai aggrappata alle sue olive, “un’oliveta sempre esposta ai refoli bizzosi del vento che impediva agli insetti di posarsi”, e quest’anno era impreparato a questa eventualità. Il suo raccolto ne ha risentito fortemente in termini di quantità - produzione ridotta del 70% - e qualità poiché le olive bacate rendono l’olio più acido e un po’ meno conservabile.
Beppuccio invece è uno di quelli che se né accorto abbastanza in tempo e ha inondato i suoi splendidi olivi di ramato che ha esercitato un'azione repellente e le femmine hanno rivolto la loro attenzione verso le olive di altri. Pur subendo un minore raccolto gli è andata comunque bene, d’altronde di mestiere ha sempre fatto il contadino e il suo sapere, sedimento di esperienza sul campo e trasmissione orale, lo pone al di sopra di chi fa agricoltura del tempo libero e anche di qualche azienda locale con tanto di agronomo.
I meno fortunati hanno deciso addirittura di soprassedere al raccolto e le olive sono rimaste tristemente attaccate ai rami fino alla loro caduta.
L’andare perditempo fra i coltivi al momento topico della raccolta mi ha permesso di osservare l’ingresso di una nuova tecnologia finalizzata alla raccolta – ben rapida – anche per chi ha un campicello: “oliwatt” è l’arnese elettrico che, collegato a una batteria, con il suo pettine di gomma a rastrello entra dentro le fronde dei rami e fa cadere le olive - anche quelle più minute - sul telo posto intorno al tronco - qualcuno usa dei paracaduti di un colore verde militare sbiadito, forse dono di qualche ex parà o comprati al famoso mercato americano di Livorno - permettendo una velocità sconosciuta fino a pochi anni fa. Si perde però quell’aspetto consolidato della raccolta dove le voci di parenti, di amici e bambini si rincorrono fra gli alberi, da scala in scala, magari sotto lo sferzare del vento che screpola le mani e le labbra, narrandosi la politica, l’ultimo libro letto o l’ultimo film visto al cinema Accademia (sic!), quella o l’altra trasmissione televisiva o – meglio - la vita di tutti i giorni!
A conclusione di questo breve reportage fra campi e persone che non vedevano l’ora di condire con l’olio nuovo fagioli, cavolo nero, ceci e pane abbrustolito per gustarsi la forte fragranza dell’olio nuovo non c’è che da sperare che il prossimo anno sia migliore e memori dell’esperienza di questa stagione il controllo sull’insetto si faccia più serrato, quindi occhio alla mosca!

18 ottobre 2007

Una bella serata di musica alla Chiesa di San Martino a Quona

Sabato sera la chiesa era piena: non erano venuti per qualche funzione religiosa - si era svolta nel tardo pomeriggio - ma per un bel concerto nell’ambito del progetto “Stazioni sonore”. Nicola Vernuccio, attivo contrabbassista jazz e Claudia Tellini, voce suadente dalle ricche sfumature soul e blues, sono stati gli intrattenitori per ben più di un’ora.
Molti gli appassionati di jazz e della sua contaminazione con la musica contemporanea – operetta, musica sacra, improvvisazione e canto riproposti in chiave jazz - che erano saliti da Pontassieve - o venuti da Catelano nei pressi di Doccia o addirittura da Firenze - attraversando
il buio della campagna circostante, con poche indicazioni e il rischio di perdersi, per ascoltare e assistere a questa bella performance. Presenti anche alcuni illustri cittadini del “Popolo di Quona” fra cui spiccavano Mauro e Renza - immancabili fin dal 1996 - data della prima edizione di Pievi nella campagna - a questi appuntamenti che nel tardo pomeriggio erano stati occupati in una importante riunione del comitato per l’acqua a San Martino.
Discorrendo del più e del meno con Lorenzo - conosciuto animatore culturale dell’area fiorentina, e non solo, nonché direttore musicale di Fabbrica Europa, curatore di svariati programmi che hanno al centro la musica e il teatro e scrittore estemporaneo - mi diceva che riuscire a mettere insieme e a fare dialogare musicalmente un soprano con un contrabbasso è cosa assai difficile perché è quanto di più opposto e di innaturale si possa immaginare dal punto di vista sonoro, melodico e strumentale.
In questo caso l’esperimento è perfettamente riuscito, tanto è vero che il numeroso pubblico ha chiesto ripetutamente il bis, soddisfatto più di una volta dai due bravi musicisti: improvvisazione e canto, praticati con la semplicità del vero e la leggerezza degli artisti veri.
Un lavoro aperto, in corso, anzi un viaggio vero e proprio alla ricerca di “stazioni da interpretare” più che da visitare, da scoprire con la curiosità e la poesia di una coppia che è sembrata collaudata ed affiatata: ogni tappa e ogni itinerario un’emozione che si ripete e si reinventa.
Applausi scroscianti per ogni brano e piena soddisfazione nell’ascoltare questo itinerario composto da brani musicali dalla tradizione europea, americana, mediterranea, ispanico-araba e africana che si fondono con la contaminazione jazzistica o viceversa: alla fine una vera e propria ovazione con numerosi bis in cui i due musicisti si sono volentieri cullati.
Ma la serata non si è conclusa alla fine del concerto - con le immancabili considerazioni,
discussioni e scambio di opinioni del dopo spettacolo – ma è proseguita per un bel po’ grazie alla disponibilità della “custode” della Chiesa che ci ha accompagnato nella visita della canonica, dello studio del parroco decorato da Leto Chini e della cappella della Compagnia restaurata nel 1816 - come si legge sotto lo scudo “insieme al popolo” (una cum populum) - dal parroco Giuseppe Farulli, lo stesso che redigerà l’ultimo censimento del Granducato di Toscana nel 1841 al quale sarà dedicato un “post” specifico.
In conclusione buona musica e un percorso che ha permesso ai tanti che sono rimasti di scoprire i gioielli di una graziosa Chiesa di campagna e un po’ di storia locale.

08 ottobre 2007

La capra pestifera

Da diverso tempo nei paraggi di Trentanove si aggira una simpatica capra domestica, di un bel colore fulvo. Il suo luogo preferito di stazionamento é il Chiesino di San Giusto e come vi sia arrivata è un mistero. Fatto sta che da diversi mesi ascoltiamo il suo belare ed ora che è rimasta sola ha imparato a farci visita, soprattutto il sabato e la domenica, per cui si precipita per giocare, mangiare e accennare a qualche testata che le sue potenti corna possono rendere dannosa. L’indole è buona - domestica come si suol dire - ma quando arriva siamo ormai pronti a chiudere porte e cancelli poiché divora di tutto e sale in ogni posto! Verdure e fiori di tutti i tipi, ma gli orti sono la sua vera passione poiché germogli belli e pronti da gustare non si trovano tutti i giorni! Non si limita però a cibarsi di ciò che trova, anzi il suo esuberante repertorio la fa sconfinare dai salti sui tavoli di casa - chiedere ad Alessandra e Giuditta - sul cofano dell’auto o sull’ape rossa di Beppe; insomma è così dirompente e temeraria - un piccolo terremoto - che è difficile tenerla a bada se non con un bastone a mo’ di minaccia e, comunque, solitamente arretra di poco, giusto il tempo per focalizzare il pericolo che non c’è, per poi proseguire nella sua avanzata.
Il rapporto con gli altri animali è di duplice diffidenza anche se lei non ha paura di niente, apparentemente: i cani li guarda in maniera spavalda, con i suoi occhi marroni tendenti al rossastro, come a dirgli: prova a farmi qualche sgarbo, ti farò assaggiare le mia corna! Con i gatti c’è contatto solo visivo poiché i piccoli felini si mantengono, furbescamente, a distanza di sicurezza non offrendole mai l’occasione di trasformare lo sguardo da curioso a sfida.
Alcuni di noi hanno ben pensato di barricare gli orti - Giovanni e Renzo - per salvare il cavolo nero, le insalate, la bietolina, i pomodori e quant’altro: altri hanno chiuso il cancello per non farsi divorare le fragole o qualsiasi altra pianta o per non vedersela in casa pronta a salire sul divano!

La capra in realtà sembra soffrire di solitudine e volendo stare in compagnia si adopera in ogni modo per rendersi simpatica al mondo, non consapevole dei danni e delle paure che può procurare con le sue temibili corna, le corse trafelate e gli scarti che compie come a dire: ti ho nel mirino ma sono capace di evitarti quando voglio - se voglio! Il problema è che non sappiamo quando punta dritta su di te e ti evita davvero, pertanto non gli giriamo mai le spalle. Per neutralizzare la sua irrequietezza o si usa un bastone o si è costretti a bloccarla per le corna, con relativa spinta e scuotimento del capo.
In queste ultime giornate non si vede più - il Chiesino è tornato popolato, si percepisce ogni tanto il suo belare lontano come dire: ci sono, vengo quando mi va e quando meno ve lo aspettate!

13 settembre 2007

Acqua: un impegno di tre lustri, e passa!

L’antica zona dei popoli di Quona (San Giusto e San Martino) è un territorio rurale racchiuso a nord dal tabernacolo di Montefiesole, a est dalla dorsale di poggio Bardellone, a ovest dal quercione, un a roverella secolare e a sud dall'Arno.
Comprende numerose case coloniche adibite a residenza - circa 400 persone - delle fattorie con produzioni di qualità nonché attività agrituristica, una chiesa dove dopo il restauro sono riprese le funzioni religiose, tre cimiteri, di cui uno di campagna ormai abbandonato, agricoltura del tempo libero.
L’area è da sempre carente d’acqua poiché la presenza dell’argilla ostacola il formarsi di vene sotterranee di una certa entità; nell’opera di ricerca della vena si sono profusi diversi geologi - con risultati molto scarsi. Qualcuno ha pensato anche di rivolgersi al rabdomante - una pratica antica che si perde nella notte dei tempi - confidando nelle sue doti naturali, ma il risultato non è cambiato. La scienza e la rabdomanzia, sono arrivate alla stessa conclusione: l’acqua non c’è, e quando la si trova è così poca da essere inutile!
Questa piccola e sparsa comunità non ha tratto benefici diretti dagli oneri di urbanizzazione versati al Comune in occasione della trasformazione delle case da rurali a urbane che prima del restauro versavano in condizioni di abbandono: basta vedere lo stato della strada comunale che è piena di buche.
Oggi per l’approvvigionamento idrico vengono utilizzati pozzi e piccole sorgenti con scarsa portata che, oltre a non garantire la potabilità, non sono sufficienti al fabbisogno: nel periodo estate-autunno molte famiglie devono ricorrere a delle aziende private per riempire le cisterne o utilizzare altri mezzi di fortuna, come le taniche, per soddisfare il bisogno che la legge indica come primario, vale a dire l’uso umano (insomma per cucinare, lavarsi, tirare lo sciacquone ecc): è evidente che con il recupero di quasi tutti i fabbricati a fini abitativi il bisogno di acqua è aumentata, mentre il livello delle sorgenti e dei pozzi nella migliore delle ipotesi si è preservato costante, nella peggiore è diminuito e nonostante l’adozione di tecniche di risparmio.
Da più di quindici anni ci si è impegnati a far sì che la rete idrica fosse estesa anche alle nostre case d'altronde termina a poche centinaia di metri ma dopo tanti amministratori e tecnici che si sono succeduti nella vicenda, allo stato attuale non abbiamo un interlocutore né presso l’amministrazione comunale né presso Publiacqua, la società che gestisce il ciclo integrato delle acque.
Francamente ci sentiamo un po’ presi in giro dopo le tante promesse non mantenute, progetti redatti e presentati ma mai portati in esecuzione, finanziamenti che un giorno sembrano esserci per scomparire quello successivo: si assiste, inoltre, a una certa "volatilità" degli interlocutori istituzionali la cui partecipando alle riunioni non impedisce alla pratica di essere posta nello scaffale del dimenticatoio per rispolverarla quando si sollecitano di nuovo. Non parliamo poi di Publiacqua che risulta essere così lontana e presa da questioni ben più importanti - critica situazione finanziaria, ingresso di soci privati, aumento delle bollette e degli utili - che il nostro bisogno primario sembra per loro di infimo ordine.
Per meglio illustrare l’intera questione si ricordano le principali fasi della richiesta dell’estensione dell’acquedotto, che è passato dalla gestione del comune a quella di Publiacqua, di proprietà dei comuni e controllata dagli stessi attraverso l’ATO: cioè il controllore (i comuni) controlla il proprietario (i comuni) - insomma è un po'da ridere!

Ma ecco la cronistoria!
Nel 1991 un primo gruppo di persone richiede al Comune di Pontassieve di studiare la possibilità di ampliamento dell’acquedotto, sottolineando disponibilità al coofinanziamento dell’opera. La risposta non fu malvagia poiché l’ufficio acquedotto mise a punto un progetto di massima la cui spesa si aggirava intorno ai 350 milioni di lire.
Nel 1992 viene presentato al Sindaco un documento per chiedere un impegno formale della municipalità per la presentazione della domanda di finanziamento dell’opera attraverso fondi europei: la domanda però non viene presentata e nel frattempo si erano aggiunti ai primi richiedenti anche le famiglie di Trentanove (Quona).
Nel 1995 viene richiesto allo stesso Sindaco di prendere in considerazione il bando di un finanziamento europeo finalizzato alla realizzazione di acquedotti rurali, impegnandosi di nuovo al cofinanziamento. La domanda di non viene presentata: e due!

La speranza
Nel 1999-2000 si accendono nuovamente le speranze dei cittadini dei “popoli di Quona” poiché il nuovo Piano di sviluppo rurale prevede anche lo sviluppo degli acquedotti rurali con relativi finanziamenti in quota parte. I cittadini non stanno a guardare e si informano direttamente presso la Regione sulle possibilità di presentazione della domanda di finanziamento per l’estensione dell’acquedotto da Mezzana a San Martino (la distanza va da 1 a 2 km): scrivono anche una lettera a diversi soggetti istituzionali per informare della “situazione acqua” nella zona di S.Martino chiedendo al Comune di farsi carico della presentazione della domanda di finanziamento che questa volta viene inviata in Provincia, confermando nuovamente l'impegno al cofinanziamento dell’opera intorno a cui cresce l’interesse di tutta la comunità.

Cresce l'aspettativa
Finalmente nel 2001 il Comune risponde positivamente e a tal proposito viene presentato al Sindaco, lo stesso del 1992, un promemoria per invitarlo a esaminare la richiesta di un incontro con i dirigenti di Publiacqua in occasione del passaggio di competenze dal Comune a questa Spa nella gestione del ciclo delle acque.
Nel 2003 – evviva! - il Comune chiede a Publiacqua l’estensione della rete idrica, impegnandosi anche a partecipare al finanziamento dell’opera per soddisfare esigenze primarie di questi residenti ed aiutarli a risolvere un problema molto importante per la qualità della vita e utile anche alla valorizzazione dell’ambiente rurale.
Le cose sembrano andare per il meglio: a novembre Publiacqua redige il progetto definitivo comprensivo del capitolato d’appalto e l’opera è inserita nel Piano triennale con un impegno di 80.000 € da parte del Comune.
Sembra essere addirittura prossima la realizzazione, tanto è vero che ne parla anche La Nazione.
Nel 2004 la Provincia (tramite l'Artea) delibera che il progetto è ammissibile ma non viene finanziato per la limitatezza delle risorse disponibili: nuovo incontro con il Sindaco, lettera del Comune a Publiacqua che inserisce l’opera nel Piano Operativo Triennale 2005-2007 dichiarando di voler indire la gara d'appalto dei lavori in modo da iniziare i lavori nei primi mesi del 2005. Ci siamo! Neanche per idea, purtroppo!

La melina
Ci sono le elezioni e viene eletto un nuovo Sindaco di centro-sinistra: quindi cambiano gli amministratori ma non il colore della maggioranza e della Giunta per cui l’aspettativa è la conferma degli impegni assunti precedentemente.
Inizia una fase che dura fino ad oggi che potremmo definire “melina”, mutuandola dal gergo calcistico, sinonimo di “perdere tempo e rimpallarsi “ la responsabilità. Guardate un po’!
A ottobre del Comune riduce il suo impegno finanziario da 80000 a 30000 euro, l’opera permane nel POT di Publiacqua con un finanziamento di 100.000 al netto del contributo del comune, mentre il costo sale in maniera esponenziale per toccare quota di 445.000 euro!
Nel febbraio 2005 si svolge una riunione in comune con il Vicesindaco, l’assessore all’ambiente, due ingegneri di Publiacqua a cui vengono poste varie domande. Le risposte sembrano soddisfacenti: anche se qualcuno ha la bella pensata - veramente geniale - di accollare ai richiedenti il costo dell’intero rifacimento della strada comunale sotto la quale dovrebbe passare la rete idrica. L’incontro si conclude comunque con alcuni impegni da parte degli amministratori e di Publiacqua. Impegni che poi vengono, purtroppo, completamente disattesi.
Decidiamo di andare a Publiacqua per sollecitare una risposta in merito alla difficoltà di reperire fondi per estendere l’acquedotto pubblico ma incocciamo nella stasi della società che è in attesa di conoscere il nuovo socio che dovrebbe portare nuovi capitali.
In aprile al nuovo assessore all’ambiente viene consegnato il progetto e ci informa che Fiorentinagas potrebbe partecipare all’intervento metanizzando la zona. Si accendono nuove speranze poiché in un colpo solo avremmo acqua e gas; con i costi attuali del gpl: sarebbe veramente una gran cosa!
A luglio ci si vede di nuovo con il comune che sembra confermare gli impegni e a redigere la lista degli interessati all’acquedotto: in realtà la lista la prepariamo noi e la consegniamo in ottobre. Il Comune che si impegna a fare i ripristini stradali.
Arriviamo al dicembre 2006 e visto il silenzio tombale viene inviata l’ennesima lettera in cui si ricorda alla nostra amministrazione e a Publiacqua gli impegni presi e si sottolinea la vicinanza del termine di scadenza del POT, con il rischio di perdere la progettazione dell’acquedotto se questo non verrà riconfermato nel piano triennale.
Richiediamo una risposta a breve in modo da poter prendere le decisioni conseguenti dato l’aggravarsi del problema idrico.
Negli stessi giorni chiediamo un appuntamento al Sindaco per illustrare la situazione dato il silenzio sia di Publiacqua che dell’Amministrazione Comunale e soprattutto per capire chi si interessa attualmente di seguire l’iter della nostra domanda.
L’appuntamento fissato per la fine di gennaio 2007 viene disdetto il giorno prima per l’assenza del primo cittadino: la segretaria ci fa presente tra l’altro che la materia non riguarda il Sindaco ma l’assessore preposto: il problema è che non si riesce a capire chi è “il preposto”!
Perse le tracce di Comune e Publiacqua, non sappiamo chi si interessa del problema, decidiamo pertanto di rivolgerci al Difensore Civico per vedere “l’effetto che fa”!
Alla prossima puntata