21 agosto 2006
Diario di un capriolo sentimentale. Prima parte (Video)
04 agosto 2006
Il territorio e i suoi toponimi
L’origine dei toponimi è molto variegata: possono essere dei nomi presi da persone o famiglie spesso associati a prediali (poderi) o da mestieri; nomi presi da piante o da rilievi; nomi derivanti da corpi idrici o da condizioni morfologiche del terreno e dell’insediamento; termini dal significato essenzialmente fondiario come curtis, mansus, casa, podere; architetture – case, castelli, strade, ponti; dal nome di una divinità o con nomi religiosi di origine medievale (Pieve, Chiesa, Santi, ecc)
L’elenco sottostante non è affatto esaustivo, diversi dei toponimi non presenti in cartografia, definiti “scomparsi”, restano nella memoria popolare e nella tradizione degli abitanti del luogo, pertanto il lavoro successivo sarà quello di rendere più completo questo elenco. Diversi di questi nomi, pur non apparendo nelle cartograife più recenti, sono censiti nel repertorio dei beni culturali del Comune di Pontassieve.
Toponimi del 1784 confrontati con quelli odierni
1 - Quona - da Da Quona, Cuona, famiglia di origine longobarda; località conosciuta dai primi del ‘900 anche come Trentanove dal nome di uno scultore che vi risiedeva, probabilmente Gaetano Trentanove;
2 - Bossi (RPag) – Bossi, villa
3 - Cafaggio; termine di origine longobarda, dal germanico “gahaio”, “kahagio”, "cahago" ovvero "campo recintato, coltivato".terreno chiuso - Cafaggio di sopra e Cafaggio di sotto
4 - Casa Nuova 5 - Fosso delle Rogaie - da raggia, rovo, di derivazione longobarda razziam (graffiare)
6 - Fiocco – S oggi scomparso come toponimo possibile derivazione da flocus particella di lana, comunque legato alla tessitura, bioccolo di lana
7 - Fornace (RPag) da forno per la cottura dei mattoni e, forse, della malta - S
8 - Il Rocco - strumento di legno per la filatura della canapa, della lana ecc, o forma di torre
9 - Poggio Martini (RPag) - S
10 - Rio - Il Rio presente nel repertorio dei beni culturali, noto anche come mulinaccio del Rio
11 - Riuccio - S
12 - Salettera (RPag) presente nel repertorio dei beni culturali - possibile derivazione da salceto o saliceto, lat. salictum
13 - San Giusto (RPag) - Proprietà Monache San Clemente – ruderi della vecchia Chiesa. Il toponimo è legato anche alla Cappella (privata) a pochi metri dalla località "Fiocco" e al complesso colonico di "Quona" detto anche "Trentanove".
14 - Terra bianca - argilla bianchissima, caolino, utilizzato per la produzione di ceramiche e porcellane
15 - Torricella (RPag) - casa torrita
San Martino a Quona
16 - C. Bardellone - Lat. Bardelonem - larga sella, spec. di legno, con l’arcione anteriore molto alto, usata dai mandriani nella doma (da barda)
17 - Poggio Bardellone
18 - Bisastrico (RPag)
19 - Borro del Pelacane - probabilmente dal greco "pelacao" che indica lo scarnificare le pelli, prima operazione della concia, durante il medioevo si usava il tannino ricavato dalle ghiande di quercia, dalla corteccia di acacia
20 - Casa Nuova - Casa nova
21 - Casina - La Casina
22 - Casina dalle due porte (RPag), anche Bisindole (due ingressi) - S
23 - Castellare - Castello diruto, comunque sito castellare, piccola fortificazione; Podere Castellare
24 - Catese – Podere Catese
25 - Cerreto (RPag) - Bosco di cerri
26 - Cornacchiaia (RPag) - S per Repetti da cornoclario, altri dal lat. cornicula (cornacchia) recorniclam. Diversi toponimi in Toscana.
27 - Corte – Le Corti lat curtes, cohrtem, cohòrtem, luogo cinto
28 - Erchi, Villa Rossi (RPag) - Da nome di divinità del panteon greco-romano, Hercules, dove esse erano venerate in templa o in fana
29 - Faese - S non presente nel repertorio dei beni culturali
30 - Frugnole - Grande lanterna usata per la caccia o per la pesca notturna - Forma corrotta di fornuolo, essendo simile ad una bocca da forno. Frugnolare - andare a caccia di uccelli col frugnòlo. Strumento di ferro stagnato, entrovi una lucerna di terra, detta TESTO, o BOTTA: serve per far lume a chi va la notte, quando egli è buio, a trarre agli uccelli. S
31 - Guelfa - Podere Guelfa - possibile casa turritacon la merlatura in stile guelfo
32 - Guazzi - Luoghi pieni d’acqua, dove ci si può immergere; forma varia di guado – origine longobarda da wazzer- S presente nel repertorio dei beni culturali come P. Aguazzi
33 - Il Paretaio - da parete, a cui si equipari la rete, detta paratella. Quell’aiuola dove si distendono le reti per acchiappare gli uccelletti, che allettati dal canto degli uccelli prigionieri e dal saltare degli zimbelli (uccelletti di richiamo) si posano nel boschetto che sta in mezzo.
34 - Massa a Riccia - Origine medievale, longobarda; la terra massariccia era suddivisa in mansi,cioè poderi più piccoli con una casa, con un campo da coltivare e piccole vigne che venivano affidate ai coloni – Massariccia
35 - Mezzana (RPag) - di mezzo, dal lat. Medium
36 - Mezzanella - S
37 - Montevivaio o Monteviraio (RPag) - Ricettacolo chiuso, in cui si mantengono vivi gli animali o più comunemente pesci; luogo dove si trapiantano gli alberi tolti dal semenzaio - - S, inglobato da San martino a Quona - presente nel repertorio dei beni culturali come Monte Viraio - altre interpretazioni: passaggio di uccelli o verdeggiante.
38 - Navicello (RPag) Luogo di passaggio di un fiume dove ci si limitava al trasporto delle persone e delle merci con piccole barche - S oggi forse riconducibile al nome Nave a Rosano presente nel repertorio dei beni culturali
39 - Osteria del Gobbo (RPag) - Chiaramente prende il nome dalle caratteristiche fisiche di qualcuno che ha avuto a che fare con l’osteria - S oggi riconducibile ad un palazzo, in pessime condizioni di manutenzione, all’ingresso di Pontassieve che viene chiamato “il gobbo”
40 - Patrignoni - P. Pratignone presente nel repertorio dei beni culturali come Pratiglione
41 - Petraine, dal lat. petra, massa di pietre, luogo dove si cavano le pietre; confini di un popolo; o da praedium podere
42 - Pianottolo (RPag)
43 - Poggincolle - P. Poggio al Colle
44 - Poggiali – I Poggiali
45 - Ponticello del Pelacane, prima pontaccio del Pelacane
46 - Ponte dei Veroni - S
47 - Ponte delle Sanguinaie - S
48 - Riminini
49 - Sanguinaie di Sotto e di Sopra (RPag) - presente nel repertorio dei beni culturali - probabilmente da sanguine o sanguinella o risanguine, pianta arborea. In passato, il legno bianco e resistente veniva trasformato in carbonella o forniva la materia prima per fabbricare ingranaggi per mulini e raggi per ruote. Dai frutti si estraeva olio per lampade e pigmenti per l’industria tintoria (colore porporino). Note anche virtù fitoterapiche.
50 - San Martino, Chiesa (RPag), San Martino era molto venerato fra i longobardi
51 - Sodi - Terreni non lavorati, contrario di dissodare – I Sodi
52 - Veroni (RPag) - deriva dalle lunghe terrazze sulle quali veniva essiccato il tabacco coltivato sulle sponde dell' Arno; loggia o sporto fuori le mura della casa poggiata su travi o pietra – I Veroni
Fonti:
Mappa del Paganelli 1774; popoli e strade della comunità di Pontassieve (1774); Storia e Cultura, cartografia Regione Toscana; Mappa catastale 1820; ricerche personali
Note:
RPag abbreviazione di Raffaello Paganelli - significa che il toponimo è presente sulla mappa del 1774;
S sta per scomparso, perlomeno dalla cartografia più recente, mentre diversi di questi nomi si ritrovano nel repertorio dei beni culturali del Comune di Pontassieve redatto dall’Ufficio di Piano in occasione del Piano Strutturale .
29 luglio 2006
La chiesa di S. Martino a Quona
Le prime notizie certe relative alla chiesa risalgono al 1274, quando compare in un elenco di chiese paganti la decima pontificia.
- nel 1585 venne inserito nella facciata della chiesa un portale di ingresso, come si deduce da un’iscrizione latina posta sopra di esso;
- del 1781 è una mappa (conservata presso la chiesa di S. Michele a Pontassieve) disegnata dall’autore del "plantario" della Comunità di Pontassieve, Raffaello Paganelli, da cui desumiamo la planimetria degli edifici che compongono il complesso parrocchiale e gli annessi, nonché l'uso di ogni ambiente: in particolare si può notare come l’edificio fosse più piccolo dell’attuale e fosse preceduto da un piccolo cimitero.
Nelle mappe del catasto generale toscano (1820), la pianta della chiesa non appare mutata rispetto agli anni precedenti, il cimitero è ancora davanti alla Chiesa. Nei decenni successivi l’edificio venne sopraelevato e ampliato sul fronte occupando l'area cimiteriale, mentre rimase invariato in larghezza; il portale cinquecentesco fu smontato e rimontato sulla nuova facciata. Il controsoffitto in cannicciato fu dipinto con temi classici dal pittore milanese Luigi Ademollo.
La parte tergale dell’aula viceversa rimase inalterata, con il campanile duecentesco che venne abbattuto nel 1855 e al suo posto fu costruito l’attuale campanile a torre, progettato da Giuseppe Gondi, e finanziato da alcune famiglie nobili (tra cui i Ricasoli Firidolfi, il cui stemma figura sulla facciata del muro posto a fianco alla chiesa). Altri lavori di ristrutturazione furono compiuti nel 1902, come è attestato da un'incisione sul palco dell’organo bisognoso di restauro per ascoltare nuovamente le sue note: in quell’occasione Leto Chini eseguì molte decorazioni pittoriche per la volta e le pareti della Chiesa e per la canonica, e con tutta probabilità venne anche chiuso l’oculo della facciata per permettere l’inserimento dell’organo.
Infine il restauro del 2003 che ha recuperato la funzionalità della Chiesa e gli affreschi rendendola di nuovo agibile alle funzioni religiose che si tengono una volta al mese, solitamente il primo sabato del mese, e ai matrimoni.
Prima e dopo il restauro vi si sono tenuti diversi concerti di musica jazz, sin dal 1996, nell’ambito dell’iniziativa “Pievi nella Campagna” promossa dal Comune con l’intento di valorizzare i beni culturali e la storia locale, obiettivi che sembrano essere in fase di abbandono da parte della nuova amministrazione eletta nel 2004.
28 luglio 2006
Il Castello di Quona
Intorno allo stesso anno risultano abitarvi 45 famiglie di non possidenti, sostanzialmente mezzadri o lavoratori senza terra, per una popolazione di 403 anime: 42 erano le case abitate da agricoltori, tre da altri ed una risultava disabitata. Si segnala poi la presenza di un prete che dimorava, molto probabilmente, nella canonica della chiesa di San Martino a Quona.
Le famiglie importanti di allora erano i Gatteschi, i Gondi, gli Albizzi, i Rossi, i Senbalì Martelli, i Ricasoli, i Frescobaldi ecc: sostanzialmente coloro che possedevano la terra e le case coloniche.
Oggi il popolo di Quona è evidentemente molto cambiato; di agricoltori neanche l’ombra, semmai coltivazioni nel tempo libero e aziende agrituristiche che producono olio e vino, mentre le case coloniche, dopo l’abbandono degli anni successivi al boom economico degli anni ‘60, sono tornate a popolarsi con una funzione residenziale.
Le strade comunicative sono sempre le stesse del ‘700, solo leggere variazioni, e molte di queste vicinali continuano, per fortuna, ad essere non asfaltate. Le modificazioni hanno sostanzialmente interessato il fondovalle, verso l’Arno, con l’orribile intervento urbanistico-edilizio di Mezzana, l’ampliamento dell’area ferroviaria, lasciando quasi inalterato il sistema collinare la cui sommità è Poggio Bardellone (490 m.s.l.m.).
Il Castello di Quona
Sembra che i Quona fossero signori di origine longobarda e furono, probabilmente, vassalli dei ben più famosi conti Guidi.
Presso questi resti gli scavi occasionali di qualche volenteroso hanno ridato luce ai resti dell’abside di una chiesa romanica, certamente quella di San Giusto, che dava il nome ad uno dei popoli della lega di Monteloro, ma che già non figura più nelle Decime degli anni 1295-1304.
Intanto si hanno notizie dalla storia mdella famiglia Filicaia che a meno di cento chilometri di distanza dal Mons Allonis, che nel 988 è chiamato ufficialmente Montacone (odierna Montaione), alla fine dell’XI secolo, una famiglia chiamata Tebaldi o della Vitella o d’Aquona (dal luogo dove vivevano, il castello di Quona), domina la città di Pontassieve, a est di Firenze. Questa famiglia prenderà poi il nome di “Filicaja” (felceto, cioè area coperta da felci) dal toponimo originario dell’area coperta dal castello, detta anche Costa Filicaia. I Tebaldi (o della Vitella) cambiarono nome in "Filicaja" coll’avvento a Firenze della Repubblica per apparire non nobili e quindi poter ricoprire cariche pubbliche.
La conquista e la distruzione del castello fu l’episodio iniziale della guerra che il Comune di Firenze mosse al conte Guido e che si concluse nel 1153-54 con la distruzione delle mura di Monte di Croce, sopra Molino del Piano.Altre notizie si traggono da Lapo da Castiglionchio, rampollo dei da Quona, che scrive nella "Epistola":
"...il primo luogo che i nostri progenitori possedettero (...) fu un castello nel paese di Valdisieve che si chiama Cuona, e ancora così si chiama il poggio e il sito del luogo presso alla città di Firenze a dieci miglia."
Nel 1223 il sito è denominato come castellare di Quona, termine usato per identificare insediamenti un tempo muniti di fortificazioni.
Dal “Dizionario geografico fisico storico della Toscana di Emanuele Repetti” (1833) si legge:
“Quona, Cona e Torre a Cona o a Poni nel Val d’Arno sopra Firenze.- Tre luoghi diversi portano il nome più o meno alterato di Quona, o Cuona, dei quali uno solo ha dato il titolo a due popoli attualmente riuniti (S: Martino e S. Giusto a Quona, o Cuona) nel piviere di Remole, Comunità giurisdizione e circa miglia toscane tre a maestro di Pontassieve, Diocesi e Compartimento di Firenze".
In questo luogo di Quona o Cuona fu un castello di magnati diverso dal Quona di Pitiana e dal Quona della Torre a Ponia, o Poni.- Questo di Remole era situato nel risalto di uno de’poggi che diramansi da Montefiesole fino al Pontassieve e che dividono le acque scorrenti dal lato di ponente direttamente in Arno da quelle che dalla parte orientale influiscono in Sieve.
Di cotesto castello di Quona diede ancora notizia Messere Lapo da Castiglionchio, quando in una sua epistola scriveva al figlio, "che costà era stato un castello, che chiamassi Cuonna, e che ancora così si chiama il poggio presso la città di Firenze a dieci miglia, castello che fu fortissimo di sito, di mura e di rocca inanzi che venisse disfatto del tutto per il comune di Firenze”.
Notizie sulla distruzione del castello le troviamo in R. Francovich che scrive (1976): “Proprio in questa direttrice, infatti, si dispiegò una energica azione cittadina nel corso del XII sec., cui solo accenno in quanto ci troviamo già al di fuori del territorio compreso nel nostro campione. Si tratta della distruzione del castello di Quona (a 15 km dalla città) che controllava la via di transito verso la Romagna".
Nel 1973, una ricognizione nell’area del castello di Quona permise il recupero di frammenti ceramici di epoca medievale (ceramiche acrome e maioliche).